Prefazione a “Elegia Sanremese”

Elegia Sanremese

Il testo di canzone è poesia decaduta. Ma la poesia gli deve la sua attuale popolarità. Un’estetica che non ha nulla da perdere – una estetica che ha da perdere non interessa affatto – scorge nel testo di canzone nefando e scurrile, oppure levigato a mano come certi tenui marmi, ciò che dopo La terra desolata può passare per sonorità verbale di buona lega. Consummatum est: la poesia non vale niente. Il nichilismo poetico è in realtà un residuo umanistico: esso crede all’umano come un tempo si credeva al divino: con pertinace accanimento. Afferma il nulla senza realizzarlo. Infine, come Montale, sospira troppo. Anche gli idilli boschivi affettano il nichilismo. Dopo che la teoria del bosco è prevalsa sul bosco (vedi Heidegger e famiglia), la lingua si appiccica al palato. La poesia di Ottonieri mescola il sermo humilis del testo di canzone (nella gerarchia della caduta quello che sta in ultimo: il testo di canzone sanremese, il “µὴ ὄν”) al sermo sublimis rifatto. Un balletto di parole che ti danno fuoco (è quasi una sua immagine). Alla fine sei preso da una infinita malinconia e ti diverti fino a crepare.


Manlio Sgalambro, Prefazione in Tommaso Ottonieri, Elegia Sanremese, Bompiani, Milano, 1998, p. V

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