Alessio Cantarella in Maurizio Di Bona – Alessio Cantarella, Battiato l’alieno, prefazione di Syusy Blady, Mimesis, Milano, (ottobre) 2023, pp. 13-15
Ascoltai Battiato per la prima volta verso la fine del 1996, periodo in cui la musicassetta de L’imboscata veniva riprodotta in loop nell’autoradio di mio padre. Avevo undici anni e rimasi letteralmente folgorato dai testi di quei brani, che trattavano temi inusuali in una combinazione di varie lingue (italiano, greco antico, inglese, tedesco e portoghese), e dallo stile musicale, che non assomigliava a nulla di quanto avessi sentito fino ad allora. Vivendo in un’epoca ancora per lo più analogica, mi limitai ad ascoltare a rotazione i vinili che trovai nella collezione di mio padre: L’era del cinghiale bianco, Patriots e La voce del padrone, imparando a memoria tutti i testi delle canzoni. Nel 1998 arrivò internet a casa mia e mi si aprì un mondo: grazie alle discussioni sul newsgroup `it.fan.musica.battiato`, cominciai ad approfondire la conoscenza sul tema “Battiato e dintorni” (parafrasando il titolo di un LP che lui scrisse per Milva). Ricordo ancora l’emozione del primo ascolto radiofonico di Shock in my town, brano dalle sonorità “techno-dissonanti” e con un testo apocalittico (firmato a quattro mani col filosofo Manlio Sgalambro).
Nel luglio del 2001 conobbi Battiato a Giarre, durante la serata di consegna della “giara d’argento” (un premio per i siciliani distintisi nel mondo). Mi avvicinai e, alquanto intimorito al suo cospetto, gli dissi: “Buonasera Maestro, sono un suo ascoltatore. Sa, ho tutti i suoi dischi…” e lui, senza pensarci due volte, mi rispose con la sua tipica autoironia: “Minchia, tutti i miei dischi hai? Ma quanti soldi hai fatto spendere ai tuoi genitori?”. Fu così che conobbi un uomo straordinario, geniale, umile, divertente, generoso e dalla cultura immensa.
A proposito di Pasolini, Moravia disse: “per avere un poeta come lui, dovremo aspettare altri trecento anni”. Io, invece, credo che un artista – musicista, cantautore, regista, pittore, poeta – come Battiato sia irripetibile nella storia dell’umanità. Grazie a Franco, inoltre, instaurai una collaborazione più che decennale con Sgalambro, che portò alla costruzione del sito web manliosgalambro.it
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Battiato e Sgalambro avevano interessi completamente diversi: il primo era appassionato di Gurdjieff, Rumi, Medio Oriente, Tibet, sufismo, buddismo; il secondo di Schopenhauer, Spinoza, Occidente, Mitteleuropa, ateismo, empietà. Mi piace pensare a entrambi come due galassie, piene di costellazioni, ma anche di clamorosi buchi neri.
Si conobbero nel 1993 alla presentazione di un libro di poesie di un amico comune, Angelo Scandurra. Sgalambro aveva appena pubblicato il saggio Contro la musica e ne regalò una copia a Battiato, il quale restò ammaliato dallo stile e propose a Sgalambro la scrittura del libretto dell’opera Il cavaliere dell’intelletto, dedicata a Federico II, che la Regione Siciliana aveva commissionato a Battiato. Quando, dopo quest’esperienza, quasi per gioco, Sgalambro propose a Battiato la realizzazione di un album pop, L’ombrello e la macchina da cucire, i testi inviati da Sgalambro erano pazzeschi (si pensi al brano Fornicazione!): non si era mai sentito nulla di simile nell’ambito della musica leggera, la forza delle parole era strepitosa. Così, tra un album e l’altro, il processo creativo si incrociava continuamente: a volte dominava il testo, altre la musica.
L’imboscata e Gommalacca furono album monumentali, poi la produzione andò frammentandosi, mantenendo comunque una qualità molto alta.
Ma com’è possibile che due personalità così diverse abbiano dato vita a una collaborazione così prolifica che ha prodotto dei brani immortali (ad esempio La cura)? Rispondo con una teoria, avanzata dal mio amico Antonio Carulli nel suo libro Introduzione a Sgalambro: “Secondo un teorico del liberismo la fortuna di una società è determinata dall’egoismo del singolo venditore e non da un astratto concetto di altruismo”. Ecco, forse la fortuna della collaborazione tra Battiato e Sgalambro è dovuta al fatto che entrambi hanno perseverato verso il loro obiettivo, rimanendo comunque sé stessi. Ciascuno ha semplicemente partecipato con la parte migliore della propria produzione, facendo sì che l’esito a quattro mani risultasse grandioso. Conserverò per sempre nella memoria un episodio molto divertente con entrambi. Eravamo alle prove di un concerto in piazza Libertà a Ragusa. Battiato aveva proposto di andare a cena in un ristorante a Ragusa Ibla, dove ricordava di essere stato qualche anno prima durante le riprese del film PerdutoAmor. Procedendo verso la meta, incontrammo dei lavori in corso in una stradina stretta, così tutti fummo costretti a tornare indietro in retromarcia e, non sapendo più che strada prendere, cominciammo a chiedere indicazioni a dei passanti (correva l’anno 2007 e non esistevano ancora gli smartphone con l’app di Google Maps!). Io, che ero in macchina con Sgalambro, commentai ingenuamente: “Forse avremmo dovuto cenare in un ristorante più vicino al concerto…”. Il filosofo mi rispose: “Dopo oltre due mesi senza che i marinai riuscissero a scorgere alcuna terra, vi fu un principio di ammutinamento. Anche loro avranno detto a Cristoforo Colombo: ‘Forse avremmo dovuto cercare un continente più vicino all’Europa…’, ma se lui avesse ceduto, oggi chi ci venderebbe gli iPod?”. In effetti, parafrasando Sgalambro, Battiato è stato un Cristoforo Colombo dei nostri tempi: ogni volta che si ascolta un suo disco, è come se si partisse in un viaggio alla scoperta di nuovi mondi (lontanissimi).