Manlio Sgalambro in Domenico Trischitta, Una raggiante Catania, Algra, Zafferana Etnea (CT), (luglio) 2021, 2ª ed. di Una raggiante Catania
La letteratura è democratica. Sì, la situazione attuale è in queste premesse. Tu leggi, io scrivo. Domani potrà essere, tu scrivi, io leggo. Non c’è null’altro che uno scambio di parti. È la democrazia letteraria. In principio c’è il lettore, questo è il motto dello scrittore dabbene. In principio c’è lo scrivere, è invece l’altro. Eliot, in Appunti per una definizione della cultura, annotava: “Ecco le condizioni che io considero essenziali per la crescita e la sopravvivenza della cultura. Se esse sono in contrasto con una qualsiasi fede profonda del lettore – se ad esempio costui trova sgradevole che cultura e egualitarismo siano in conflitto, se gli sembra mostruoso che qualcuno debba avere ‘privilegi di nascita’ – non gli chiedo di mutare la sua fede, ma semplicemente di non tributare insinceri omaggi alla cultura” (ma la parola cultura indica già, tra le altre cose, questo pasticcio. Cultura è diventata una pratica indecente. Cultura è persino internet, mi si dice). Lo stesso discorso si può fare per la letteratura. Nel frattempo appare quella che chiamiamo, semplicemente, “letteratura odierna”. La quale è per lo più una manifestazione della “volontà di scrivere” – volontà intesa nel senso più malfamato, e scrivere pure. Poi c’è una letteratura che potremmo chiamare “senza tempo”. Da qualsiasi parte o da qualsiasi tempo provenga te la ritrovi dentro. Così il bel narrare di Una raggiante Catania di Domenico Trischitta. Del diciottenne protagonista e di suo padre, “Saro Bruscia il pittore”, figura muta e dominante. Un amen biblico. Una iniziazione alla vita come 1933, un anno terribile di John Fante, dove il diciottenne Dominic Molise prima di cominciare fa un passo indietro come i toreri prima di matar: “Dominic Molise mi dissi, aspetta un attimo. Sta andando tutto secondo i tuoi piani? Esamina attentamente la tua condizione, considera obiettivamente il tuo stato. Che succede Dom?”. Che succede, dunque? La Spoon River di Trischitta è il quartiere di San Berillo e il suo destino, “strada criminale o schiena spaccata ad allevare figli”. Ma a che pro rinarrare ciò che viene qui narrato? L’ingenuità epica, proprio come tale, sfugge alla finzione letteraria, alle domande sul vero o sul falso. Ti entra nell’anima e te l’accarezza. Ciò ti basti. Tu ascolti, non leggi. E qualcosa in te viene evocato. Le righe di questo racconto sono rivoli preziosi. Acqua lustrale. Sono questi gli effetti che desta. Siano ricordi o sensazioni. Emozioni che sciolgono, per un istante, anche ciò che ha indurito chi è vissuto.