Marco Iacona in laconfederazioneitaliana.it
, 2 febbraio 2016
«Sono molto legato a questa città». Massimo Cacciari ospite d’onore all’inaugurazione dell’anno accademico 2015-2016. A Catania. Ricorda studiosi e docenti presenti nel suo percorso intellettuale. Santo Mazzarino, Pietro Barcellona, Manlio Sgalambro che era la bestia nera del professore medio. Dedica la sua prolusione agli ultimi due. «Grandi pensatori» morti nel 2013 e nel 2014. In città da tempo ci si interroga se il deserto stia avanzando.
Aula “Santo Mazzarino” del Monastero dei Benedettini. “Lezione” su vocaboli greci e tedeschi con relativo significato ultimo, come ci si attendeva da lui. Können nella “doppia” accezione di potere e sapere. E in Italia oggi, dice Cacciari, «chi sa non può e chi può non sa». Qualcosa ci sfugge. Il tema tuttavia è l’Europa. Che è in crisi. Non abbiamo mai smesso di essere provinciali: qualcuno è pronto a ricordarci che siamo parte di ben altro sistema politico. A volte ci stupiamo. Anche il professore vede nero. In Sicilia si è europei in senso tragico, perché qui ci sono i confini. Altra lezione sui confini che oggi sono barriere, ma dovrebbero essere tutt’altra cosa.
Pubblico delle grandi occasioni. Quelle universitarie sono sempre occasioni speciali. Un’università che sceglie di impegnarsi nel sociale. Fa quello che fanno i preti nei quartieri a rischio: chiama i giovani, li “toglie dalla strada” ma non gli dà un solo quattrino. Vergogna! Il programma di sala del concertino per coro e pianoforte è pieno di strafalcioni. L’ateneo è pronto a festeggiare i seicento anni ma non perde occasione per coprirsi di ridicolo. Sottoinsieme di una città allo sbando. Hanno invitato Cacciari per il 28 gennaio ma chi può (e non sa) sta annientando la città in occasione della festa di sant’Agata. Il vescovo è in aula ovviamente. Tutti “devoti”, ma proprio tutti.
I siciliani non si sono mai sentiti italiani. A centocinquant’anni e passa dall’Unità, gli spiritosi discutono ancora di una nazione siciliana. Occorreranno due secoli perché i corregionali di Riina e Santapaola possano sentirsi europei. I nomi che ci farebbero sentire a casa ci sono: Giovanni Verga, Vincenzo Bellini, Ettore Majorana, primi tra tutti. Un compositore che ha dato forma e sostanza all’arte musicale moderna, uno dei “fondatori” della letteratura novecentesca e il più grande scienziato dopo Galileo. I catanesi si occupano però di prostitute nel quartiere san Berillo, delle tette di sant’Agata e di mafiette in periferia sud. Cacciari, da bravo, tornatene a casa.
Lui, il professore della “San Raffaele”, la prende alla lontana. Negli ultimi tre millenni l’Europa ha abbattuto frontiere e barriere. Siamo «Leoni affamati» come diceva Hegel. Adesso però ci chiudiamo in noi stessi. Venirlo a raccontare a chi ha votato Cuffaro, Lombardo e Crocetta che più che “condurci” in Europa ci hanno messo nei guai sa di beffa alla Gianni Schicchi. Ma Cacciari è tosto. Quando dice che la nostra cultura «è andata in giro a trasgredire ogni limite» viene spontaneo pensare a Sciascia che doppiò Gentile in pessimismo. In realtà lui si riferisce a ben altro, poveretto però che vuoi che ne sappia.
Mettiamo ordine alle parole, dice. Il limite non è una barriera ma un elemento della casa. Sia esso soglia o «limes» contiene il luogo. È partito con Hegel, avanza con Aristotele (un “programmino” alla Diego Fusaro). Lo stagirita dice che il concetto di luogo è difficile da comprendere. Cos’è il topos? Con astuzia retorica il professore se lo chiede e lo chiede agli utenti di Wikipedia intervenuti. È quello che noi costruiamo nel «nostro movimento». Il luogo è dove arriviamo, dove ci «volgiamo col nostro sguardo». Ma l’orizzonte non è mai fisso. Il luogo si trova laddove giunge uno sguardo in movimento. Il luogo insomma non è un dato di fatto. Chiaro siciliani? Ci dobbiamo chiedere però quale luogo vogliamo. «Questo» dice Cacciari, «deve fare l’Europa». Dove vogliamo andare? Da due generazioni – continua – non comprendiamo qual è il senso della nostra condotta. «L’Europa non sa delineare il suo essere luogo, dunque non può far altro che imprigionarsi». Tutti senza identità, come blatte vaganti? Per l’ex sindaco di Venezia un’identità forte permette di entrare in contatto con l’altro. Platone diceva che la filosofia non ha casa e lo spazio è aperto per definizione.
12.30. Adesso cita Arnold Toynbee. Errore strategico sarebbe il non porsi il problema dei confini. Ecco: l’Europa si sente accerchiata da popolazioni proletarizzate. Se ci si occupa di ciò che succede nell’altra sponda si può evitare il pericolo. Stretta finale. Le università devono comprendere la situazione. Capito professori? Basta lotte per stipendi e rivalità personali. Studiate studiate studiate. Dopo l’anno mille il mondo ripartì dalle università. Standing ovation. Voce di donna microfonata annuncia la fine della cerimonia. I catanesi si stringono a Massimo in attesa di stringersi alla “santuzza”. “Devoti” si nasce e si muore, lo stesso che professori. E tanti saluti ad Aristotele.