Marco Molendini in Il Messaggero, 7 marzo 2014, p. 22
Il paroliere
Che figura singolare il filosofo-paroliere, partner irrinunciabile di un cantautore di talento come Franco Battiato, capace di scrivere versi meravigliosi e antiretorici come quelli strepitosi di La cura (con quell’incipit folgorante: “Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via”). E capace, a un certo punto e quasi ottantenne, di abbandonarsi ai piaceri narcisistici dell’esibizione, salendo sul palco a cantare con aria da chansonnier La mer di Trenet e poi, con gusto crescente concerto dopo concerto, tour dopo tour, perfino, di incidere un disco in cui con leggerezza passava da La vie en rose a Me gustas tú di Manu Chao. Che personaggio Sgalambro, diviso fra Nietzsche, Cioran e Battiato. E che rapporto intimo e inscindibile quello fra il filosofo e il cantautore, uno capace di portare l’altro sulla propria strada con reciproca intima soddisfazione. Franco sempre più immerso sulla strada del pensiero e della meditazione, Manlio pronto senza complessi a imboccare la strada pop (fino a scrivere per Patty Pravo, Fiorella Mannoia, Adriano Celentano). «Considero l’alleggerimento doveroso. Dobbiamo sgravare la gente dal peso del vivere, invece che dare pane e brioches. E mi sono sgravato anch’io. E poi, la musica leggera ha questo di bello, che in tre minuti si può dire quanto in un libro di 400 pagine o in un’opera completa a teatro».
Il trattato
Una partecipazione convinta e sentita, tanto da scrivere, a un certo punto, un piccolo e geniale trattato, Teoria della canzone, pieno di intuizioni («le distinzioni tra musica leggera e no sono cicatrici inferte dalla vita alla musica stessa») ma condito anche della sua ironia tutta siciliana («il cantante deve convincere delle sue tesi. Contrariamente al filosofo, però, lui può farlo senza argomenti»). L’incontro con il concittadino catanese Battiato fu casuale, esattamente vent’anni fa. Franco, un curioso della vita, era rimasto colpito da quell’uomo anziano e così fuori dai canoni e gli propose subito di scrivere il libretto di una sua opera, Il cavaliere dell’intelletto. Non si lasciarono più, frequentandosi in un sodalizio affettuoso e divertito, capace di produrre una serie di successi in album splendidi come L’ombrello e la macchina da cucire, L’imboscata, Gommalacca, Ferro battuto fino a Inneres Auge e Apriti Sesamo. Ma di lavorare anche ai tre film che Battiato ha firmato come regista (Perduto amor, Musikanten, Niente è come sembra). Ieri il cantautore ha reso pubblica solo una parte del suo dolore con una frase scarna: «Non ho nulla da dire, è una cosa privata, è un dolore personale molto forte». Ma una volta, quando ancora lavoravano fianco a fianco, Franco a domanda sull’immancabile amico rispose con affettuosa ironia: «Insieme lavoriamo benissimo, se io ho delle idee radicali lui mi spinge a fare peggio».