Gianluca Veneziani in Libero, 13 settembre 2012, p. 29
Il filosofo apre all’egemonia femminile: un rapporto dialettico sarà fecondo per entrambi i generi
Manlio Sgalambro, la giornalista americana Rosin sostiene che siamo prossimi a un evento epocale, la «fine del maschio come genere egemone nei rapporti tra sessi. È d’accordo?
«Bisognerebbe andare piano prima di arrivare a conclusioni sbrigative. È vero, prima la voce della donna era lamentosa, quasi a indicare il suo ruolo subalterno. Quel suono si chiamava tran tran quotidiano, visibilità solo sotto le lenzuola. Adesso invece la voce della donna si impone, si afferma, indicando la sua indipendenza. Ma questo non significa la scomparsa del genere maschile. Indica piuttosto un’opportunità».
In che senso la ridefinizione dei ruoli è un’occasione per la coppia?
«Grazie all’emancipazione della donna, anche l’uomo acquista una sua autonomia. La donna si dedica alla vita activa, come diceva Hannah Arendt, mentre l’uomo destina il suo tempo all’attività speculativa, al pensieгo».
Questo comporta che, almeno nelle faccende legate alla professione, siamo all’alba di un nuovo matriarcato?
«Il matriarcato aveva qualcosa di cerimoniale, un assetto quasi sacro. La donna non solo comandava, ma colpiva il maschio, lo ammazzava. Oggi siamo ben lontani dalla donna come mantide religiosa o dalla figura di Clitemnestra che uccide il marito Agamennone».
A proposito di tragedie classiche. Se l’uomo, come sostiene la Rosin, dovrà passare dal ruolo di Achille a quello di Ulisse, quale figura mitica dovrà invece interpretare la donna?
«La ritengo molto vicina all’immagine di Medea. Nella tragedia il personaggio di Seneca esclama “Medea superest”, Medea è sopravvissuta. Ecco, la donna di oggi può dire a se stessa: “Sono rimasta, sono sopravvissuta e sono ancora più forte”».
Questa analogia sottintende che il rapporto uomo-donna all’interno della famiglia sia destinato a un esito tragiсо?
«Può darsi che ciò avvenga. Ma se l’uomo si educa, e accetta questa sfida con la donna come unalotta perla so-pravvivenza, allora non ci sarà tragedia, ma soltanto un rapporto dialettico, fecondo per entrambi».
Uomo e donna cambieranno dunque?
«Non penso. Con il nuovo protagonismo, la donna assume un ruolo, ma non modifica la sostanza L’essenza resta uguale a due millenni fa».
Qual è la figura di donna che, secondo Lei, è riuscita maggiormente ad affermarsi nella vita lavorativa?
«Devo confessare una preferenza. Io non amo le donne di potere, ma il potere delle donne. Non mi piacciono le figure femminili che provano a interpretare ruoli di comando. Michelle Obama, ad esempio, non mi ispira il fascino del potere, esercita piuttosto la seduzione della dolcezza, non so quanto naturale o quanto costruita dal suo entourage».
E che mi dice del successo delle donne nell’ambito della comunicazione? Un rapporto Istat riferito al 2012 dimostra come negli uffici stampa il 75% siano donne.
«Credo sia un esito naturale. La donna usa un linguaggio più svelto e più facilmente struttura rapporti. A differenza del maschio, la donna può creare rapporti senza avere relazioni. E questo il segreto della sua affermazione nella vita pubblica».
E nell’ambito che più le è vicino, quello della filosofia e della letteratura, qual è il personaggio femminile che ammira di più?
«Virginia Woolf, una donna che sapeva conciliare lo sguardo di una donna di oggi con la capacità di riflessione di un uomo. In generale, mi sembra che le donne abbiano più talento per il romanzo, mentre gli uomini esercitino meglio le loro abilità creative nella poesia. Anche nell’attività letteraria riescono a essere compatibili, dividendosi i ruoli, senza distruggersi a vicenda».
Quindi non siamo davanti all’estinzione della specie maschio?
«Non lo chiami “maschio”, la prego, è una parola così abusata dai giornalisti…»
Bene, dicevamo: non è vicina la «fine dell’uomo»?
«No, è l’ennesimo millenarismo che fallirà, dopo quello della fine della storia e della fine del mondo».