Manlio Sgalambro in Franco Battiato, Bitte, keine Réclame, Rai Futura, 6 dicembre 2004
«Che ‘io’ debba essere governato: ecco da dove inizia lo scandalo della politica.»1
«Esaminando dunque la mia avversione per essa, intendo esaminarne l’idea in relazione a chi ne fa professione, e poi entrambi in relazione al mio spirito. Essa appare ovvia se vista dall’esterno. Ma esaminata in rapporto al mio spirito, o a uno spirito qualsiasi, l’idea che qualcuno si ‘occupi’ di me (costui dovrebbe essere infatti l’‘uomo politico’) non finisce mai di sorprendermi. Che io debba essere governato, ecco dov’è lo scandalo. L’avversità del mio spirito a questa idea è totale. L’idea dunque che ‘io’ possa essere governato mi dà un senso di offesa infinita. Mi sento di accettarla solo per quel tanto che mi assicura la possibilità di occuparmi delle mie idee o di seguire le spire della mia sigaretta. Ma così ritengo che debba essere per qualsiasi uomo indipendente e consapevole di sé. (Una giornata passata osservando una mosca che si pulisce le ali con colpetti sapienti, oppure occhieggiando chi passa…). Se si valuta dunque l’idea di politica, essa appare relativa ad una attività servile. Mi sembra infatti che l’uomo politico null’altro dovrebbe che darsi da fare affinché, di un insieme di uomini, possano condurre a buon fine il loro compito soprattutto quelli che creano, che fanno scienza, che producono. Esaminandone l’idea risulta insomma che l’uomo politico è soltanto un mezzo, mentre se lo guardiamo dall’esterno egli sembra essere – me ne rendo conto con stupore – un fine. È un rovesciamento paradossale e grottesco. Secondo il vecchio detto, chiunque potrebbe dirigere uno Stato, anche una cuoca, tuttavia, mentre l’uomo politico dovrebbe dunque assicurare tutti i servizi occorrenti a una società – per così dire fare le pulizie, preparare la tavola e ritirarsi discreto -, egli al contrario batte i pugni ed esige che gli altri lo servano. La qualcosa è del tutto strana e curiosa. Ma è ancora più strano, per non dire pericoloso, quando l’uomo politico si incarica dell’avvenire e della felicità dei suoi simili.»2
- in Manlio Sgalambro, Dell’indifferenza in materia di società, Adelphi, Milano, § I, p. 9.
- ivi, § IV, pp. 17-19.