Manlio Sgalambro. Torno a Catania e sento l’aria di casa

Tony Zermo in La Sicilia, 15 agosto 2004, p. 21

Filosofo è solitamente colui che si ferma a pensare alla vita, da dove veniamo e dove andiamo. Manlio Sgalambro è un filosofo del tutto diverso, si ficca dentro la vita e la partecipa sino in fondo. Scrive libri, l’ultimo è De mundo pessimo, canta con le musiche di Franco Battiato, è spesso fuori Catania. I quasi 80 anni non gli pesano. Abita in piazza Umberto, passeggia al Viale e in Via Etnea.

Come vede la città?
«La vivo poco perché viaggio abbastanza, ma la vivo. Dire che è una città brutta, una città bella, una città così, una città cosà significa inibirsi il vivere. Posso dire che quando scendo dall’aereo a Fontanarossa sento l’aria di casa, magari sarà un’aria un po’ più inquinata, ma sempre un’aria familiare che mi porto da tantissimi anni».

Il titolo del suo ultimo libro è tutto un programma. Perché De mundo pessimo? È così brutto questo mondo? Anche lei lo vede con gli occhiali scuri?
«Non riguardano direttamente questa vita immediata, che bisogna sempre vivere con forza, con arditezza, con il senso di buttare una cosa avanti e di cercare di prenderla».

Lei quanti anni ha?
«Vado per gli 80, ma vivo perfettamente bene, conservo le mie funzioni. L’importante è sentire la vita nel suo accrescersi. Come quando uno scala una montagna. La vita è una scalata continua. Oggi non abbiamo più l’handicap della patologia della vecchiaia. Anni addietro ho scritto sempre per Adelphi un Trattato dell’età. E ho dato della vecchiaia una immagine, non quella nobilitata dalla saggezza, ma un’immagine cruda. Ma parlo di vecchiaia, quando avviene lo spappolamento del proprio fisico, della propria natura. Ma quando questo non sopravviene non si può nemmeno parlare ancora di vecchiaia, che sopravviene tutta di colpo, e sin quando tu non ci sei dentro, non sei ancora vecchio qualunque età tu abbia. Ma lei quanti anni ha?».

Io? Diciamo che non sono più tanto giovane.
«Ma che importanza ha l’età? Viva e viva bene. Perché alla fine di vita ce n’è una sola».

Grazie.