Ottavio Cappellani in La Sicilia, 11 aprile 2002, p. 35
I fischi a Sgalambro
«A’ Battiato, facce divertì», questo più o meno lo spirito di quelli che, fischiando e contestando, hanno obbligato Manlio Sgalambro a uscire di scena senza completare la scaletta dei brani che avrebbe dovuto cantare al Teatro Biondi di Palermo.
«Amo pagato er biglietto ppè sentì quer ⚠️ de Battiato che me deve da sdilinquì la squinzia e mmò che c’entra er filosofo?».
C’entra. Come c’entra il complesso rapporto tra “star” e pubblico, rapporto in cui Battiato è maestro, tanto da consentirsi (senza che nessuno l’obblighi, e rischiando di persona) “sperimentazioni” come quella di “produrre” un filosofo che canta swing ballabili.
Il bello, bellissimo, è che Sgalambro viene fischiato esclusivamente in Sicilia, tanto che sono stati proprio i successi del “siparietto” di Sgalambro a convincere i responsabili della Sony a chiedere un CD: Fun club.
Ma il mistero resta un altro: perché i siciliani parlano in romanesco? Sono davvero convinti che sia così intelligente farlo?
Dietro quei fischi c’è teatro, c’è soprattutto il gusto masochista di una regione che ama litigare in cucina per deliziare il padrone in sala da pranzo. Divide et impera. Dietro quei fischi ci sono i siciliani che fischiano ai siciliani con motivazioni romanesche.
Il filosofo con lo swing è splendida avanguardia politica.