Un filosofo di scena al disco-pub

Ottavio Cappellani in La Sicilia, 24 marzo 1998, p. 20

Stasera al «Clone Zone» Manlio Sgalambro parla del suo ultimo libro Nietzsche (Frammenti una biografia per versi e voce)

Stasera alle ore 21 al Clone Zone, il quindicinale «Vivere Giovani», in collaborazione con l’associazione «Ecco Godot» e con la casa editrice Bompiani, presenta una serata dai contorni particolari: filosofia e poesia in un disco-pub. Manlio Sgalambro presenterà il suo ultimo libro Nietzsche (Frammenti di una biografia per versi e voce). Alcune poesie saranno lette da Giulia Magrì. Ingresso libero.

Stava tra i Detti e contraddetti di Karl Kraus, un libro di teologia politica del quale non sono riuscito a vedere l’autore, e una scatola di Pavesini, questa cassetta che mi ha consegnato appena sono entrato, chiedendomi di metterla nella piastra. Obbedisco, premo play, e mi rendo conto che si tratta di un’anticipazione, è un brano del nuovo disco al quale sta lavorando con Franco Battiato. Non ne parlo. Non ne parlo perché qui al giornale non sono io che mi occupo di musica, non ne parlo perché credo si tratti di un omaggio, non ne parlo soprattutto perché, uscendo, mi sono dimenticato di chiedergli se ne potevo parlare. E me lo sono dimenticato perché, sulla porta, salutandomi, Manlio Sgalambro mi ha detto: «A proposito della parola detta e non scritta, ho intenzione di mettere su un piccolo teatro, qui a Catania, qualcosa di stabile, per quindici, venti spettatori, dove mettere in scena la Logica, brani tratti da Kant o da Spinosa, da Hegel o Aristotele, hai presente i film didattici dell’ultimo Rossellini? Cartesio, Pascal e Socrate. Ma anche Beckett, ora che ci penso, Beckett come lo vedo io, ovviamente».
Così mi sono dimenticato di chiedergli se potevo parlare di quel brano, ma ormai la porta era chiusa, e io mi sono vergognato a suonare di nuovo. Sono sicuro che c’erano chitarre elettriche, a me è restato in mente il piano, lo canticchio prendendo le scale, il piano. Andiamo con ordine.
Adesso sta passeggiando su e giù per lo studio, misurando a passi i concetti come un enorme felino da pensiero, gli ho chiesto perché ha deciso di presentare il suo libro in un disco-pub. «Resto fermamente convinto della funzionalità dell’universita – mi dice – in quanto mezzo di trasmissione del sapere e del linguaggio. Viceversa c’è un domandare e un rispondere attorno alle cose necessariamente ex-traccademico, giacché bisogna che si diventi cosa. La filosofia non ha più un luogo ufficiale, quando diventa cosa, quando impatta con il mondo, con l’essere, e non con il linguaggio. Da questo urto con le cose nasce un sapere ex-novo, che non può essere discusso e trasmesso nelle forme tradizionali. Catania, oggi, come nella Berlino espressionista, o come avvenne nell’Austria di Hermann Bahr, di Hoftmannsthal, dello stesso Kraus, è piena di caffè, di pub come si chiamano ora. Adesso come allora, il pub, è un tentativo attraverso il quale formare piccole comunità di trasmissione di questo pensiero sulle cose, comunità transeunti, che durino anche solo dieci minuti, la cui aspirazione è quella di scambiare concetti ed emozioni insieme, anche per un brevissimo momento. Come sai, io penso che le cose che hanno un valore sono brevi. Così, è possibile formare una breve comunione dove l’ostia diventa una canzone o una poesia, nella sua piccola durata. Ammiro proprio la fuggevolezza di un incontro in un pub. È un luogo di avventurieri dello spirito. Una volta si discuteva tanto, ma erano discussioni sterili, si cresceva e ognuno se ne andava per la sua strada, non restava niente di tanto parlare. Adesso queste discussioni che avvengono nei pub sono formative in senso forte, è uno spaccato di una situazione che qui c’è, e non altrove. Nel nostro Paese, in questo momento, dove la parola scritta è squallida, il salto nella parola detta può essere vivificante».
Ci vediamo stasera al Clone Zone. Io ho ancora in mente il motivo, ho ancora in mente il piano, e in mano una scatola di Pavesini.