Gino Castaldo, Musica! Rock & Altro (suppl. di La Repubblica) n. 96, 9 aprile 1997, pp. 32-33
Sugli abbinamenti tra musica e testi corrono più o meno un paio di millenni di storia della musica. La canzone moderna, in particolare quella italiana, anche se purtroppo nel mondo siamo solo noi a saperlo, ha proposto in materia molte idee originali, di elevato valore artistico. Ma non ci possono essere regole, come è giusto che non ci siano in materia di creatività. L’incontro tra Battiato e Sgalambro sembrerebbe di quelli destinati a rimanere “impossibili” eppure funziona, e funziona anche molto bene, portando nella canzone italiana un’ulteriore novità, cosa rara in questo periodo di scarsa attitudine all’innovazione. Non solo per l’innesto di quel “pensiero” filosofico di cui Sgalambro è naturale portatore, ma anche per una specifica scelta linguistica. L’originalità di Sgalambro autore di testi è nella ricerca di parole-concetto che normalmente nessuno penserebbe di inserire in una canzone, ma che poi si scopre possiedono una loro densa e suggestiva musicalità. È ovvio che tutto ciò è reso possibile dalla storia musicale di Battiato, ovvero dalla costruzione di un terreno in cui possano crescere indisturbati fiori così inediti e delicati. Non sempre riesce, è ovvio. Talvolta in queste canzoni il testo finisce per pesare troppo, ma quando il miracolo riesce, ci può scappare il capolavoro. Un esempio? Ascoltate la canzone che si intitola La cura.