Chiambretti, perché non inviti Sgalambro al Festival?

Nico Orengo in Tuttolibri (suppl. di La Stampa), XXII, n. 1046, 20 febbraio 1997, p. 1

Se Bompiani facesse in fretta potrebbe salvare Sanremo e il Festival. Ha in uscita un piccolo, densissimo, saggio di Manlio Sgalambro: Teoria della canzone. Consigliabile, tra una canzone e l’altra, a spettatori, cantanti, Chiambretti, Michele (Bongiorno), Marini, Maffucci, Siciliano, eccetera.
Mentre s’alzano invocazioni al Padreterno, preghierine di C.L., gorgoglìi di coretti in vesti da suorine, gli aforismi di Sgalambro potrebbero rendere più visibile quell’adorabile baraccone.
«Non so se la musica ha a che fare con Dio come si sostiene da Plutarco a Schneider… ma la canzone no. Lui ci pesta a dovere e noi gli cantiamo in faccia». Spulcio qua e là: «Lo spirito della musica si incarna oggi nella canzone…». «Il cantante è la guida autorizzata di questa età alessandrina. L’ermeneuta princeps che conduce per mano attraversando, tra suono e voce, l’inferno della contemporaneità». E ancora: «La canzone come teoria è un occhio puntato su questo secolo. Diremmo che è la teoria di questo secolo la cui brevità è stata già teorizzata. Se è così la brevità della canzone riesce a raggiungerlo». E infine: «Ma la canzone non è la pappa del cuore», vero Ruggeri, Tamaro, Nek, Lombardi, Ranieri, Cutugno?