Manlio Sgalambro in Carlo Maria Martini – Umberto Eco, In cosa crede chi non crede?, Liberal, Firenze, (febbraio) 1996, pp. 95-98
Gli interrogativi che il cardinale Martini solleva nel suo ultimo intervento, e sui quali mi è stato chiesto di pronunciarmi, inducono a partire da una ulteriore domanda: come entra il bene fra gli uomini? Come avviene che fra questa banda di canaglie talora, con la rapidità del fulmine, si abbatta qualcosa, un atto buono, un gesto di pena, e si ritiri con la stessa rapidità? La meraviglia etica ci inizia alla morale in un mondo in cui è più facile che avvenga un delitto. «C’è forse bisogno di pretesti per commettere un delitto?» chiede la principessa Borghese in Juliette. L’inizio dell’etica è intimo di stupore. Il male sociale è una inezia davanti al male metafisico: un atto di bene contiene la più assoluta negazione di Dio.
Contesta l’ordine del mondo, attenta all’assetto che si vorrebbe divino. Il bene è il più grande tentativo di annullare “l’essere”. Esso perciò non può fondarsi su Dio, su qualcosa comunque che avrebbe dato origine a un mondo che si sorregge ontologicamente sul mutuo carnage. Nel bene neghiamo dunque Dio. Ma “l’essere”, cioè Dio o l’assetto “metafisico” del mondo, ha sempre la meglio. Come si può perciò fondare il bene su Dio? Ricordo il giudizio complessivo di Spinoza su intelletto e volontà in Dio, giudizio che si può esprimere a questo modo: Dio non è intelligente né buono. Ma essere, bruto essere, aggiungerebbe uno spinoziano coerente. Lo chiamiamo Dio solo per la potenza. Sospetto comunque che ci siano molte altre cose taciute nella filosofia di Spinoza. Stimato signore, vorrei in ogni caso farle notare tutto il peso che la grande teologia scolastica sente di questa esistenza. Farle notare i mille sotterfugi con cui essa cela la sua rabbia! Le leggi d’esclusione dell’empietà sono leggi complesse e praticate in stato di sonnambulismo, senza dunque che ci si accorga di niente, come avviene ogni volta che si pratica un’infedeltà. L’idea di Dio non dev’essere, ecco, l’idea che mi faccio di Dio, l’idea che di Dio si fa l’empio. Dio non dev’essere. Aggiungo come questo si deduca dall’austerità dell’empietà. Noi non possiamo associarci a una natura inferiore. Credo di essere certo della natura inferiore di Dio. L’idea di Dio non coinvolge una natura divina. Sono molto preoccupato per la corrente opinione diventata un nesso inscindibile di idee. Vedo con amarezza che l’idea di Dio e l’idea del bene si presentano congiunte. Almeno quando non ci sorvegliamo. Si condividono in quel momento le peggiori astuzie di un animo turbato. Certo lei non sa, ma io sostengo che il bene si può solo pensare, non fare. Che ne direbbe se io aggiungessi che, essendo “pensiero” non può “essere”? Aggiungo pure che per me l’empietà è sete inesausta di bene e mi indigno.che esso si colleghi a Dio la cui idea, torno a dire, lo respinge totalmente.
Nell’eleggere un uomo a prossimo, a fratello, si contesta l’Assoluto che ci butta assieme nella morte. Perché per noi mortali volere il bene di uno è volere che egli non muoia.
Eleggere un uomo a prossimo è eleggerlo alla vita. Come si può dunque fondare quest’atto su un Dio “che ci chiama a Lui”? Ille omicida erat ab initio: nel principio ontologico stesso si contiene la nostra morte. L’atto del bene nel momento che elegge un “altro” a prossimo gli dice: tu non devi morire. Il resto è una sottospecie dell’utile. Nel bene c’è l’afflizione e il dolore per il fatto che muore. Il bene è una lotta contro la mortalità dell’altro, contro “l’essere” che lo risucchia e lo uccide (o secondo le terribili e minacciose parole che in un trattato di Meister Eckhart così descrivono l’atto in cui si è “uniti” a Dio: «Uno con l’Uno, uno dall’Uno, uno nell’Uno e, nell’Uno, eternamente uno»). Inteso a questo modo il bene è impratico ed è solo “pensiero”. Ma come si potrebbe d’altronde sostenere una veduta che non fosse l’impraticità del bene? Volere il bene dell’altro è volere che non muoia, ecco tutto. (Come si può congiungere, ripeto, l’idea del bene a Dio che è la stessa morte? Credo invece che l’idea di Dio e l’idea di morte si associno a tal punto che possiamo adoperare sia l’uno che l’altro nome). Il resto è Justiz und Polizei.