in Famiglia Cristiana, LXVI, n. 44, 6 novembre 1996, p. 141
Musica leggera. Il disco
Sempre in coppia con Sgalambro, il cantautore siciliano torna con un album ispirato e ricco di idee, in cui convivono cinque lingue, compreso il greco antico, e suoni più vicini al rock
Sì, c’è la batteria. E il basso (addirittura Saturnino, il compare di Jovanotti). E poi le chitarre elettriche, il quartetto d’archi, i testi di Manlio Sgalambro, le voci di Antonella Ruggiero, Giovanni Lindo Ferretti e Nicola Walker Smith. In questo disco consacrato all’esplorazione dell’«oscillazione tra il fugace e l’eterno» (lo dice Sgalambro), Battiato ha messo tante cose, e tutte giuste.
Ci ha messo la Babele delle lingue (sono cinque, tra le quali anche il greco antico) e una formazione elettrica (chitarra, basso e batteria, ma anche pianoforti, tastiere e un quartetto d’archi) che rende la miscela musicale più terrena e accessibile di quanto lo siano stati altri episodi della sua produzione recente. Ci ha messo soprattutto un ispirazione affilata, lucida, che si fa bette di chi sente l’esigenza di contenere l’espressione all’interno di schemi innaturali. L’imboscata, al contrario, sembra dare un senso a tutte le diverse strade imboccate da Battiato nel corso della trentennale attività. La musica non ha bisogno di legittimazioni esterne, ogni genere ha in sé stesso la giustificazione necessaria a spiegare la propria esistenza: il grande insegnamento di Battiato qui viene applicato senza esitazioni.
Ecco allora la sorprendente apertura con Di passaggio, con chitarra, basso e batteria a dare il ritmo e Sgalambro a leggere uno dei Frammenti di Eraclito. Ecco Strani giorni, che cita Hemingway e l’apocalittica fantascienza del film Strange days in una mistura inquietante: «Strani giorni, viviamo strani giorni». Ecco l’inno all’amore di La cura, vicina a certe imponenti aperture melodiche del passato, arrangiata con archi e un uso ritmico delle voci. L’imboscata che Battiato tende all’ascoltatore è riuscita in pieno: colti di sorpresa, ci arrendiamo al talento di uno dei grandi della nostra musica leggera (per usare una definizione che lo farebbe giustamente inorridire).