Accademici e spiriti liberi

Armando Massarenti in Il Sole 24 Ore, 18 febbraio 1996, p. 31

Gli attacchi alla istituzionalizzazione e alla burocratizzazione della filosofia non sono certo una novità. Sono iniziati probabilmente nel momento stesso in cui quella del filosofo ha finito con l’assomigliare a una professione come le altre. Un discorso analogo vale per lo “scienziato”, una parola che non esisteva neppure prima del secolo scorso. Non è una contraddizione in termini – denunciava Einstein – pretendere che qualcuno, in cambio di uno stipendio, produca idee innovative? Le grandi scoperte, scientifiche e filosofiche, sono state spesso il frutto del lavoro disinteressato di “dilettanti”. Filosofi e scienziati hanno quasi sempre dimostrato di svolgere bene la loro funzione proprio quando andavano controcorrente. Che senso ha cercare di istituzionalizzare una tale funzione, tenuto conto che le istituzioni, per definizione, tendono a essere conservatrici?
Sono domande importanti e centrali per ogni spirito libero e democratico: ma anche assai delicate, perché rischiano di farci scivolare quasi impercettibilmente nel qualunquismo. Il fatto è che in coloro che sostengono che il “vero filosofo” non può sentirsi a proprio agio nelle università si annidano motivazioni molto diverse, anzi opposte. Da un lato vi è chi è mosso da uno spirito aristocratico e antidemocratico. Questi rimpiangerà la figura del filosofo detentore di una superiore sapienza, verità e saggezza, e disdegnerà le istituzioni universitarie proprio per quel tanto di democratizzazione e desacralizzazione che esse hanno introdotto nel tempio della filosofia. Dall’altro vi è chi ritiene che proprio nelle università si annidano residui di quella funzione sacerdotale da sempre rivendicata dai cosiddetti “sapienti”. Per questo la filosofia delle università tenderebbe ad allontanarsi dalla vita, ponendosi al di fuori dal controllo democratico dei cittadini, dai quali scaturisce invece una domanda di filosofia che si fa sempre più insistente. Da tale domanda, la cui ambiguità rispecchia le due opposte motivazioni che abbiamo ricordato, prendono le mosse le riflessioni pubblicate in questa pagina. Nella speranza che anche l’università come istituzione democratica sappia attrezzarsi sempre di più per soddisfarla.