Laura Gennaro in La Sicilia, 5 luglio 1995, p. 30
Sgalambro ha presentato la scrittrice
Altro sembra il linguaggio della musica, altro quello della letteratura: la musica traccia percorsi indefiniti, evoca fantasmi di immagini, brandelli di storie: altro appare la letteratura, gomitolo che si dipana in una serie di fatti che si piegano logicamente verso una conclusione. Eppure nessuno ignora che la scansione interna del verso o della prosa fanno della letteratura musica: e che quest’ultima si serve della letteratura (come nel libretti d’opera) per esaltare il suo potere di suggestione. Ciò a cui abbiamo assistito al chiostro dei gesuiti, nell’ambito della manifestazione «Estate catanese ’95», patrocinata dall’assessorato alla cultura di Catania, è stato qualcosa di diverso. Una scrittrice contemporanea, bella, intelligente, asciutta, Fleur Jaeggy (Premio Bagutta nel 1990 e Premio Boccaccio Europa 1994 per I beati anni del castigo; Premio Moravia 1994 per La paura del cielo) è stata introdotta sul proscenio dalla calorosa presentazione del filosofo e saggista Manlio Sgalambro, mentre al pianoforte prendeva posto il giovane maestro Carlo Guaitoli. Su tutto pesava la presenza di Franco Battiato come un incantesimo: sua la direzione artistica della manifestazione; suoi collaboratori gli eccellenti ospiti della serata, sua quella inconfondibile atmosfera di ascesi spirituale, una sorta di respiro dell’anima. Non è retorica: è che quando la Jaeggy ha cominciato a leggere, con voce cantilenante e piana, frammenti dei suoi racconti, le note cristalline del pianoforte che la accompagnavano hanno rotto le barriere dell’immaginazione come una sferzata d’aria fredda.
E la prosa lucida, netta, immediata della scrittrice ha assunto una improvvisa luminosità, il freddo nitore che hanno le mattinate di neve vicino alle Alpi svizzere, nello splendido inizio de I beati anni del castigo: «A quattordici anni ero educanda in un collegio dell’Appenzell. Luoghi dove Robert Walser aveva fatto molte passeggiate quando stava in manicomio ad Herisau, non lontano dal nostro istituto. È morto sulla neve. (…) È un vero peccato che non sapessimo dell’esistenza di Walser, avremmo colto un fiore per lui».
La musica penetrava il testo, lo restituiva alla sua naturalezza, alla sua atmosfera, facendone il crocevia di un fluire ininterrotto di esperienze, letture, immaginazioni. Ecco perché, probabilmente, l’appuntamento con Fleur Jaeggy è stato incluso in una rassegna il cui tema è «il sacro nella musica, nella danza, nelle letteratura»’ perché, in questo caso il sacro non si identifica con il «religioso» (i racconti della Jaeggy non lo sono), ma con l’esperienza dell’elevazione e l’arricchimento dello spirito.
Proprio in questa chiave l’incontro è stato concluso dal maestro GuaitoIi, che ha eseguito la Fantasia in fa minore di Chopin. Grandi applausi da parte del pubblico, accorso così numeroso da costringere l’organizzazione ad escludere qualcuno per motivi di sicurezza.