Musica, per non sentire. Musica, per non pensare

O.R. in La Stampa (ed. di Milano), 17 agosto 1994, p. 33

L’accusa del filosofo Manlio Sgalambro

Assediati dal baccano universale così è scritto «sull’etica dell’ascolto»

Milano. Non siamo più noi, oggi, che ascoltiamo la musica: è lei che si impone al nostro ascolto. Siamo assediati dal baccano uni-versale, accusa il filosofo Manlio Sgalambro nel suo pamphlet Contro la musica. Sull’etica dell’ascolto (De Martinis & C. editori, 49 pagine, 10 mila lire). Una pubblicazione dall’aspetto esiguo ed elegante, ma che contiene parole pesanti quanto pietre. Videomusic e pubblicità, Fiorello e concerti magari rock che un tempo esaltavano una collettività e che oggi vengono invece consumati da una folla composta di persone ciascuna chiusa in se stessa. Musica per non pensare, per non sentire. Davvero ci voleva un filosofo vero, uno di quei pochi i quali vedono le loro opere tradotte in mezz’Europa, per capire il significato, per esempio, del karaoke.
Con Franco Battiato che cura la parte musicale, Sgalambro ha di recente scritto Il cavaliere dell’intelletto. Dell’editrice che ha pubblicato Contro la musica, il filosofo è anche direttore editoriale, per la saggistica. In questo settore sono comparsi, fra l’altro, La filosofia dell’autorità di Giuseppe Rienzi, il Saggio di un discorso coerente fra Dio e il mondo di Julien Benda, la Confutazione delle religioni di Giulio Cesare Vanini, Feste segrete di Giuseppe Raciti e Trattato della concupiscenza di Jacques-Bénigne Bossuet. L’editrice De Martinis & C. è sorta due anni or sono, con sede a Catania, ad opera di Fortunata De Martinis che ha riunito intorno a sé un gruppo di amici, persuadendoli non soltanto con la sua carica intellettuale e vitale, ma anche con un’idea sulla quale da tempo rifletteva: siamo in Italia e per di più in Sicilia, eppure non esiste nel nostro Paese una casa editrice che si ispiri al Mediterraneo, che guardi al nostro mare, quello che durante i millenni è stato linfa della civiltà europea.
Ma il Mediterraneo cui pensava Fortunata non era quello vagamente oleografico del remoto passato; lei intende proprio il Mediterraneo oggi, con tutte le sue lacerazioni, e i sussulti, le ferite, le tragedie. In questa scia ha scelto libri quali La commissione e Quell’odore dell’egiziano Sonallah Ibrahim, nel suo Paese censurato per 15 anni, nonché arrestato e imprigionato da Nasser, Mille anni e un giorno di Fawzi Mellah (sull’esodo degli ebrei marocchini verso la terra promessa, nella quale, dopo un millennio serenamente trascorso in Marocco, trovarono immagini loro speculari di un altro popolo errante, i palestinesi), Come placare il vampiro del serbo Borislav Pekić. Lo scrittore morì d’infarto, un paio d’anni fa; nel suo libro racconta di un ex colonnello della Gestapo che, 1965, torna a Dubrovnik assillato dalla domanda su quanta e quale fosse la responsabilità degli intellettuali nel delirio nazista. Domanda valida anche sui deliri dell’oggi.