Battiato alla corte di re Federico

Silvia Fabbri in L’Unità 2 (suppl. di L’Unità), 22 giugno 1994, p. 14

L’incontro. Ancora un’opera, Il cavaliere dell’intelletto, per il musicista siciliano

«Essere aperti come lo fu Federico Il che accolse nella propria corte ebrei, arabi. greci e cristiani». È un consiglio di Franco Battiato che davanti a centinaia di persone, lunedì a Modena, ha parlato della sua nuova opera Il cavaliere dell’intelletto. leri sera Battiato era al museo Pecci di Prato (e oggi alla villa Delfini di Cavezzo) con il Giovane Quartetto italiano. In programma musiche di Liszt, Debussy, Brahms, Beethoven, Rota e dello stesso

Modena. «Là dove domina l’elemento insulare è impossibile salvarsi… l’isola può sparire e come per una nave incombe l’idea del naufragio. La volontà di sparire è l’essenza esoterica della Sicilia».
Franco Battiato legge l’introduzione a Il cavaliere dell’intellerto – l’opera dedicata a Federico Il di Svevia – che sta scrivendo assieme al filosofo Manlio Sgalambro. Legge, e si scusa di non essere attore – ché il giorno del debutto, il 20 settembre a Palermo, sarà un attore a leggere questa Teoria della Sicilia – ma alle centinaia di persone riunite nel chiostro della biblioteca Delfini di Modena non importa granché: loro sono lì per Battiato ed è lui che vogliono sentir parlare. Di musica, di filosofia, della sua ricerca filosofica tra oriente e occidente. Lo chiamano «maestro», e si ha l’impressione che l’appellativo abbia solo in parte a che fare con i suoi studi musicali.
Con lui c’è anche Sgalambro: l’autore di quel Dialogo teologico che entusiasmo Battiato e che fece come da levatrice all’attuale collaborazione tra i due siciliani. «Lo incontrai – racconta il musicista – e gli chiesi di scrivere per me un libretto sulla caduta di Troia, un tema su cui volevo lavorare per la mia nuova opera. Lui, subito, cominciò a inviarmi fax coi testi. Ma nel frattempo la Regione Sicilia mi commissiono l’opera su Federico di Svevia, per l’ottavo centenario della sua nascita, e decidemmo di dare priorità a questo». La personalità di Federico Il attrae potentemente Battiato, che fece trasmigrare una delle anime di Gilgamesh – protagonista della sua precedente opera – alla corte dell’imperatore siciliano. E del resto, non potrebbe essere altrimenti: la magna curia di Federico Il fu punto d’incontro tra culture (greca, araba, ebraica). Battiato, a sua volta, fa dell’incontro tra culture (musicali, filosofiche) una delle ragioni del suo agire artistico, e della tolleranza una delle sue virtù. A un’iraniana che gli dice «l’islam per noi è tragedia», lui risponde: «Cara amica, lei sa bene che ci sono Islam diversi. Così come per noi ci sono cattolici interessanti, ed altri pessimi».
Dell’opera in preparazione, non è per ora dato sapere di più. Spiega Battiato: «Mi sforzo di fare il compositore che veste il testo rispettando le caratteristiche di sonorità delle parole. Credo nell’abilità di individuare l’esatta trasfigurazione del testo nel suo relativo suono». Ribatte Sgalambro:

«La collaborazione tra Battiato e me sfugge ai canoni della librettistica dell’Ottocento che ci ha tramandato infelici esempi di ostilità o tutt’al più di accomodamenti tra compositore e autore dei testi. Il nostro non potremmo chiamarlo nemmeno incontro, perché un incontro presuppone che si parta da due punti distanti, diversi. Il mio libretto era – come dire – già aperto alla musica di Battiato e anche se non la conosceva, quasi la conteneva già. È un piccolo mistero».

Il senso del mistero, dell’«ineffabile» – del ciò che non si può dire – aleggia tra le battute del dialogo che Battiato e Sgalambro allacciano per il pubblico. «La musica può scuotere il mondo – spiega Battiato – può risvegliare le coscienze. Il raga indiano è basato su questo principio: un suono che parte con una coscienza causale precisa ed è capace di dirigersi nella zona corrispettiva dell’ascoltatore lo condiziona completamente. Il cantore prima di intonare il raga si sintonizza completamente col sentimento che vuole esprimere e chi lo ascolta prova esattamente quello». Flebile la voce di una ragazza che gli chiede di spiegare meglio: da quali musiche è stato «svegliato» Battiato? «Normalmente, vengo svegliato dalla musica della radiosveglia». Una risposta che è un avvertimento: attenti, non chiedetemi di andare più in là di tanto. Insiste, il pubblico: chiede dei suoi rapporti con la scuola di Gurdjieff, dei mistici sufi i cui testi stampa per la sua piccola casa editrice, L’ottava. «Mi interessa una visione dei mondo che sia solo mia, ne possiamo magari parlare, ma mi piace l’idea di una assoluta non ripetibilità delle sensazioni. La scuola di Gurdjieff? Mi ha dato ciò che mi manca, il metodo. Io sono dell’ariete, il segno dell’ottusità congenita». E a chi gli chiede dove trovare il proprio «maestro», Battiato risponde: «È già importante mettersi nella condizione dell’allievo, che è quella della sudditanza».
E si torna a parlare di musica: «Attenzione – consiglia Battiato – a ciò che è preconfezionato. È importante capire i propri gusti, distinguerli da ciò che altri hanno preparato per noi». E ancora: «Siate aperti. Come gli orientali che sono pronti al rito dell’improvvisazione del musicista. Un orientale non vorrebbe mai sentire un successo di dieci anni prima: un occidentale, se non glieli fanno ascoltare, i vecchi successi, si sente truffato. Significa aver già condizionato la propria serata, voler provare certe emozioni e non altre. Ma se siete aperti ne arriveranno di più forti…».

Un «Quartetto» per il festival delle Colline

Ieri sera Franco Battiato era a Prato, nello scenario post-modemo del museo Pocci, assieme al Giovane Quartetto Italiano, per proporre le sue canzoni ed inaugurare la mostra «Penombre», venti dipinti-icone ad olio realizzati dallo stesso Battiato sotto lo pseudonimo Süphan Barzani. Con lui si è aperta anche la quindicesima edizione del Festival delle Colline, ospitata da Prato e altri centri. A Carmignano, il 24 giugno, ci sarà la cantante jazz Cassandra Wilson: il 25 a Poggio a Calano si svolgerà un curioso incontro fra i poeti popolari toscani e il cantante regista fiorentino il Generale con la Ludus Dub Band, il 30 Roy Ayors, 1’8 luglio i Grant Lee Buffalo e Strange Fruit, il 12 i tanghi di Esquina, e il 15 Milton Nascimento. A Prato il 1º luglio ci sono gli Otr con i dj della Century Vox, e il 14 luglio a Bacchereto sono in scena Stefano Cardi ed il Freon Ensemble.