Umberto Rosso in La Repubblica, 18 settembre 1992, p. 22
Roma – Una lacrima rossa scende da una maschera nera. Il dolore nascosto dall’indifferenza, dalla paura, in un volto senza identità e senza espressione. È il manifesto simbolo del no alla mafia del mondo dello spettacolo. E “Giù la maschera”, canteranno e grideranno stasera allo stadio della Favorita di Palermo trenta cantanti e attori. Da Baglioni a Paoli, da Gassmann a Strehler, da Battiato ad Albertazzi. E allora, via la faccia “posticcia” che copre e nasconde le emozioni e il “vero” volto dei palermitani, dei siciliani. Via la maschera nera. Alla battaglia che si veste di musica e versi arrivano le adesioni della sorella di Falcone e dei figli di Borsellino. Parte questo messaggio, questa speranza dal maxipalco sul quale, alle otto e mezzo, si accenderanno un migliaio di riflettori, con 100 mila watt che daranno “voce” a canzoni, pezzi rock e brani scespiriani. Biglietti già tutti esauriti, tanto che gli organizzatori hanno dimezzato il prezzo per l’accesso in tribuna (cinquantamila mila lire a poltroncina). L’incasso servirà a costruire la scuola “23 maggio” su un terreno confiscato ai mafiosi. Raiuno trasmetterà tutto in diretta, a partire dalle 22.30 (presenta il giornalista Vincenzo Mollica), mentre Radioverde Rai seguirà lo spettacolo fin dall’inizio. Una grande kermesse antimafia, nel nome di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, che i sindacati avevano già annunciato per il luglio scorso ma che poi finì travolta e cancellata dalla strage di via D’Amelio. Servirà alla battaglia una canzonetta tipo Cuore, scritta da Lorenzo Cherubini-Jovanotti il giorno dopo Capaci o una poesia composta per l’occasione da Arnoldo Foà? Vecchie discussioni, riaccese da Pino Daniele che polemicamente non sarà in scena a Palermo (“ma noi – ribattono gli organizzatori – non lo avevamo neanche invitato…”). Un concerto contro la mafia, dice il “bluesman” napoletano, non serve proprio a niente, magari per farlo si paga il pizzo alle cosche, e tutto finisce nel gran calderone degli interessi dei discografici. E qualcuno nota certe assenze, come Venditti o De Gregori. Ma alla Favorita le parole di Pino non sembrano rovinare la “grande festa per non dimenticare”. Gino Paoli, ieri pomeriggio prima di salire sul palco da mille metri quadri per la prova generale, risponde: “Noi siamo cantanti, non possiamo certo indicare la strada da seguire. Ma la popolarità è come un faro, serve a proiettare luce su problemi molto più importanti delle canzonette…”. Ecco Edoardo Bennato: “Sono un saltimbanco, la gente mi vuole così. Ma la musica è un’emozione positiva, e un’emozione può essere utile per i giovani”. Ma soprattutto ecco il sì convinto, l’adesione della sorella di Falcone, e di Fiammetta, Lucia e Manfredi Borsellino, i tre figli del procuratore. Con le loro parole, affidate a due lettere, si alzerà il sipario. Maria Falcone ringrazia per la solidarietà, “il consenso adesso c’è e i politici non possono ignorarlo perché noi ci siamo, e non permetteremo che si continui con la politica del lasciar fare”. E la catena umana di Palermo può diventare “una catena che percorra tutta l’Italia”. I figli di Paolo Borsellino: “Stasera siamo felici. Ciò che diceva nostro padre, l’ottimismo sull’impegno dei giovani, ha avuto subito una concreta realizzazione attraverso un evento gioioso come questo. Che ci fa unire contro la mafia, e non solo con le lacrime ma anche con la musica”. E la musica, dopo le parole, riempirà la sera di Palermo. In scaletta anche Paola Turci, Luca Carboni, Flavio Bucci e Gabriele Lavia, Valentina Scalici, la piccola protagonista di Il ladro di bambini, otto gruppi rock siciliani. In collegamento video i grandi padri del teatro italiano. Giorgio Strehler: “Non potevo e non dovevo mancare a questa manifestazione”. Ecco Gassman: “Oggi tutti, e non solo le forze dell’ordine, siano animati a resistere a questa pericolosa, orrenda e tremenda cosa che è la mafia”. E, ancora, Albertazzi: “Il mondo dello spettacolo italiano è pigro. I nostri artisti devono imparare ad indignarsi…”. Insomma, alla vigilia di “Giù la maschera”, non sembra ci sia molto spazio per le polemiche e i distinguo. E forse, a Palermo, non sono solo canzonette. Perché, se proviamo ad allargare ancora l’orizzonte, a far scendere in campo perfino scrittori o filosofi siciliani, la “festa antimafia” viene “assolta” e accolta con favore. Proviamo a sentire il filosofo catanese Manlio Sgalambro: «La festa è un rito liberatorio, una forma di catarsi. È la trasposizione dei problemi del presente su piano che si riesce meglio a dominare. Insomma, è come se per sovrastare il fenomeno mafioso lo si esorcizzi…». Ma, anche con una festa, si può “prendere coscienza” della Piovra? «E perché no? Forse può addirittura funzionare meglio, in modo più maturo, rispetto ai momenti angosciosi. Ma naturalmente, passata la festa, i problemi si ripresentano, sono sempre là…».