Dell’idea d’obbedienza e conoscenza

Manlio Sgalambro in La Sicilia, 20 luglio 1991, p. 3

Meditazioni provinciali

I violenti battiti del cuore che Malebranche provò alla lettura di Descartes ci aiutarono a formarci. Essi imprimevano al corpo i segni dello spirito. Oggi una filosofia demotica rovescia sullo spirito le falsità del corpo e s’indigna oltretutto di una distinzione che essa ritiene stolta e puerile. Si voleva ciò che è comune ma ciò che è comune si riteneva la ragione. Memori anche qui delle parole, così perfette, di Malebranche: «Due uomini non possono nutrirsi di uno stesso frutto, abbracciare lo stesso corpo… Tutte le creature sono degli esseri particolari, che non possono essere un bene generale e comune. Quelli che posseggono questi beni particolari ne privano gli altri e con ciò li irritano e ne fanno dei nemici. Ma la ragione è un bene comune, che unisce d’una amicizia perfetta e durevole quelli che la posseggono. È un bene che non si divide mediante il possesso, che non si racchiude in uno spazio, che non si corrompe con l’uso» (Morale, Seconda parte, cap. VII, 7).

Oggi un Malebranche, è dimenticato dai cultori della materia o racchiuso nel campo degli studi specialistici. Mentre alla formazione dei filosofi attendono spiriti immondi. L’accento su ciò che è comune è crollato davanti allo spirito particolaristico e si esalta l’originale, cioè il differente. «Questo pensiero mi sembra interamente falso, il segno del genio intellettuale sembrandomi consistere al contrario nello scorgere delle rassomiglianze che nessuno prima aveva scorto». (L’osservazione è di Julien Benda, La fin de l’Eternel, Paris 1929, p. 135).
Questo mi conduce ad esaminare la somiglianza tra l’idea militare e un gruppo di altre idee che mi sembrano più affini di quanto normalmente si conceda.
Se io esamino l’idea di storia in rapporto alla mente, essa mi appare come un’idea militare. (Appartenendo essa all’ordine del tempo e il tempo essendo, come scrisse Peguy, “essentiellement militaire”). Anche quella di conoscenza mi sembra dello stesso tipo, se Nietzsche può parlare – Aurora, 576 – dei bravi soldati della conoscenza (ma si veda l’astensione di questa idea alla morale: «Onesti verso se stessi… valorosi contro il nemico, magnanimi verso il vinto, cortesi, sempre»; Aurora, 556).
Mi appare dunque la storia come dominata in tutti i punti dall’idea militare sulla quale mancano però acconce riflessioni. Ritornando all’idea di conoscenza, approvo le parole di Nietzsche: «qualsiasi uomo impara a conoscersi quasi soltanto in relazione alle sue forze di difesa e attacco» ma per quanto riguarda la conoscenza in senso lato, mi sembrano inappropriate. L’idea eterna del soldato è il senso della milizia che è poi la dedizione. Nel soldato soltanto la furia si mostra placata. Che ci siano stati soldati della religione e non della conoscenza, mi rende triste. È segno che questa non è presa sul serio come quella.

In realtà l’idea di conoscenza si regolerebbe sull’idea di libertà, non di obbedienza. Da quando la conoscenza perse il grande problema di Dio e quelli ad esso connessi, dove la militanza, fosse esplicata nel chiostro o negli esercizi spirituali, dava prova di sé nella lotta contro errori e passioni, l’idea di conoscenza diviene una piatta riflessione da laboratorio dove al più può andare in fumo un esperimento. Sappiamo come oggi l’idea militare sia assolutamente invisa. Ma qui noi la esaminiamo in quanto idea e come tale essa rappresenta il momento del controllo della forza e dell’obbedienza. In essa vediamo la ragione trionfare del suo opposto e il rigore installarsi in questo campo confuso.