Mario Baudino in La Stampa, 2 luglio 1991, p. 17
«I colleghi? Scarsi e dozzinali. Amo soltanto il mio pensiero»
I filosofi non mi vogliono, né io voglio loro», Questo proclama, quasi uno slogan, campeggia sull’ultimo libro di Manlio Sgalambro pubblicato dall’Adelphi, Del pensare breve. E non è una boutade. L’autore è approdato alla casa editrice, anni fa, nel modo più semplice, e proprio per questo eccezionale: inviando un dattiloscritto. Non ha mai insegnato (salvo per quaiche breve periodo nei licei), non ha mai avuto rapporti con l’Università.
Da Catania, dove vive, rivendica la sua autonomia: «L’accademia deve adattare la filosofia a esigenze diverse. Fuori si gode di una certa libertà», insomma si sta meglio. «Non ho nessuna voglia di andare d’accordo con i filosofi contemporanei, che mi sembrano piuttosto scarsi, dozzinali. Io non amo il pensiero: amo il mio pensiero».
Sgalambro ha pubblicato Il suo primo libro a 60 anni. Ora che ne ha 67, non si sente, dice, per nulla emarginato dagli storici: «La storia della filosofia diventa grande o piccola secondo i momenti. Oggi è una miserabile faccenda, un piccolo modo di vedere la sostanza filosofica».
La conclusione? «Nell’intimità dell’atto del filosofare, il filosofo è solo. Non sa neppure che ci sono gli altri». È contento? «Si. Vorrei solo che qualche altro seguisse il mio esempio»,