Pietà per voi

Manlio Sgalambro in La Sicilia, 21 aprile 1990, p. 3

Meditazioni provinciali

Confessione
Il delitto mi appassiona. Ma in altro senso e modo di come appassiona i miei contemporanei. Essi vi vedono la completa laicità. Io vi vedo il Metafisico che incombe. Ciò che ci trascende. Insomma il Delitto.
Mi pare che esso sia l’atto originario. Ho tante volte riflettuto sulla conclusione che ne ho tratto: tutti moriamo assassinati. Miseri e illusi vediamo una morte naturale e la distinguiamo dalla violenta con cura dando retta a giudici e avvocati. Ma qualcuno ci uccide. Comprenderemo questo, credo, nel momento di morire e, nello stesso momento, sapremo l’arma.

Misericordia
Il pietismo schopenhaueriano adopera candidamente una nozione pericolosa che basta chiamare col suo nome più realistico perché il pericolo si veda. «Misericordia», infatti. si deve chiamare questa «pietà» in cui, con gesto magnanimo, accordiamo all’altro la nostra attenzione.
La misericordia è dei re, che graziano. Scende dall’alto ma mai sino a rendersi uguale al condonato. Nell’atto di misericordia, tu ridai all’altro la vita, oppure la speranza, o un sentimento che lo inonda, una rinata gioia, ma si sente che viene da un altro e resta di un altro. La misericordia è di Dio, che tutto ti ha dato e tutto ti toglie, ma proprio per questo te lo dà.
La misericordia, infine, è dell’individuo stesso che non si vuole mescolare a te e ti porge il dono con la mano guantata.

Bene e male
Quando i bacchettoni parlano di morale non sanno quel che dicono. Quel che di duro si coagulò, ad esempio, attorno a «bene» e «male» come tremendi giudizi. Con essi non si spartiva il proprio mantello con chi sentiva freddo, ne si dava da mangiare all’affamato. Ma prima di tutto si stabilivano leggi che modellavano un cosmo. Le leggi morali assieme alle leggi naturali squadravano questa massa pietrosa come una scultura e vi davano la forma di esseri esigenti e duri. Le mani che plasmavano erano talora intrise del sangue di nemici, ma si trattava di questioni che andavano al di là della lamentosa carne. Si trattava di modellare una materia riottosa. «Bene», e «male» erano colpi di scalpello. Non si facevano lagne. Si scolpiva.

Confessione
Proviamo un certo sdegno verso alberi, verdi fogliami, foreste onnipossenti e festose. Sogniamo una terra spoglia, senza animali, senza tracce di vita. Ci tentano i paesaggi lunari, spugnosi, dove la massa pietrosa gioca inerte, senza alcuna idea di movimento; dove l’immoto echeggia antichi riscontri, nomi onorati, d’altri tempi. Gli stessi uragani non troverebbero avversari, ma, senza contrasto, passerebbero come un innocuo soffio di vento. Questa visione di moti, invece, questo da fare tumultuoso, le acque che sciabordano miti o le ondate superbe del mare, tutto ciò, insomma, trascura e offende la nostra prossima morte.

Teoria del perdono
Non si prova misericordia che verso derelitti o scabbiosi. Non verso i superbi. La misericordia si elargisce a coloro che non ce la possono restituire. Da costoro preferiremmo ricevere un colpo di daga, ma non misericordia. Così la teoria del perdono muta totalmente indirizzo. Si perdonano coloro che ci hanno offeso perché così il conto torna: un’offesa ciascuno. Ma quest’ultima è mortale.

Addio sole
Cleombroto d’Ambracia si gettò da un alto muro dicendo: «Addio sole». Non gli era occorso alcun male, commenta Callimaco, solo aveva letto il Fedone.