La vita felice

Manlio Sgalambro in La Sicilia, 31 marzo 1990, p. 3

Meditazioni provinciali

Felicità possibile
Suggerimenti sulla vita felice se ne possono sempre dare. Sottile crudeltà del pessimista. Egli tesse una trama i cui richiami ammaliano come un’eterna aurora. Moralista pentito egli non guarda più le agghindate vesti delle virtù ma scatena la folle danza dei sette veli. Passa dall’altra parte con armi e bagagli. Percorre le sconosciute strade del piacere con la baldanza del novizio. Ogni volta che il pessimista tornò sui suoi passi fu per immaginare una vita felice e poi mandarla in mille pezzi come un bicchiere da operetta. Eppure la felicità è possibile: questo ci getta nel più nero sconforto.
Senza dolore ci sentiamo vuoti e senza interesse scorre la nostra vita. Chiamiamo felicità il rapido abbraccio, l’estasi del coito, il sorgere del mattino gaio e splendente. Il duro dolore ci trova invece pronti all’attacco, pronto il cervello, i pensieri che scorrono come guizzi di animali che devono nutrirsi e sbranano la preda. Mentre questi li inebria il sangue caldo, gli altri danno forma alle cose noncuranti delle vittime. Eppure, quando si insinua, come un rapido lampo, la volontà del bene, il pensiero tace per incanto e la sua unica arma è una delicata carezza.

Scopi di un giorno
Vogliamo cercare uno scopo che ci serva per un giorno. Perché di più? Se sei riuscito a terminare il giorno col sorriso e tenero il cuore, quale altra cosa puoi volere? Pensa a quegli esseri che hanno solo un giorno di vita. In così breve spazio – sei tu che lo chiami «breve» – volteggiano gai, si riproducono e come se avessero visto tutto scompaiono come piccoli sbuffi d’acqua che il pigro mare raccoglie sbadato. Vivi il tuo giorno, dunque, ama per oggi intanto. Dormi? Sei morto. Ti svegli? Sei rinato, alleluia. Rinascerai per ventimila, forse trentamila volte. La pace sia con te.

Alla fine fu la parola
Gli altri? Con misura. Come Socrate, gli alberi ci annoiano e il parlottio umano è una batosta per le orecchie delicate. Parlare è un’attività inferiore. Guarda le labbra, le loro mossettine leziose, oppure il grugno, o ancora lo spalancarsi della bocca annoiata. Peraltro la compostezza degli animali è cosa nota. L’avere eletto il parlare come ciò che lo distingue è degno dell’uomo. In principio era la parola. Possibile? A noi pare che essa sia all’ultimo: rumore di case che crollano, di calcinacci che si sbriciolano, tutto va alla malora. Sì, la parola è alla fine.

Esperimenti mentali
Al filosofo non si consentono esperimenti. Le sue proposizioni generali devono essere confrontate con i nobili concetti, non in corpore vili. L’esperienza può solo confermare o negare. Esperimenti, comunque, che prendano l’uomo di petto vengono ancora annoverati tra le nefandezze di cui sarebbe responsabile – si distingue recisamente – l’individuo non il filosofo. Heidegger ha pagato con l’ignominia esperimenti mentali che invece si consentono ai fisici su ben altra scala. La bomba atomica, che invano si vorrebbe sistemare nell’ambito della pratica, fa parte integrante della teoria. Mentre riguarderebbero l’homunculus gli esperimenti mentali fatti da Heidegger sull’uomo in nome dell’Essere. Si prospettano tempi in cui grandi esperimenti attendono il filosofo. Gli uomini gliene vorranno. Ma è dal suo laboratorio che uscirà un giorno, se mai sarà possibile, la felicità che invocano.

A una amica
Cara amica bisogna che le parli urgentemente di ciò che siamo. A un tratto mi pare chiaro. Siamo solo un incrocio dei pensieri dell’altro. Sì, l’essere si risolve nel pensiero. Così ha ragione la vecchia cricca idealistica. Ma la nobiltà della tesi è decaduta e ormai si raccolgono i cocci. Lei è dunque ciò che io penso di lei, e ciò che lei pensa di me sono io. Ciò non significa molto, mi creda; non si turbi. In questo incrociarsi di pensieri scompariamo, l’uno nell’altro e ciò che resta non vale nemmeno la iena. Filosofi intemerati hanno creduto di risolvere nel rapporto tra gli uomini tutti i problemi. Hanno ragione? Non so. Ma se è così non si sorprenda di ciò che sostengo io e della mia Teoria dei fantasmi che mi propongo di sostituire ad ogni antropologia che si vorrà presentare come scienza.