Manlio Sgalambro in La Sicilia, 5 giugno 1988, p. 3
Meditazioni provinciali
Tener fermo
Quando si è trovato non si deve più cercare. Cerchino gli altri. Ciò che si è visto immobilizza per sempre. Non c’è più dove andare. Nello spirito di ricerca si annida il marcio della conoscenza: il primo venuto che vuol dire la sua. Sia chiaro, l’immobilità non è riposo ma lo sforzo immane di tenere fermo ciò che si è trovato.Bene esautorato
La pratica esautora il bene con la sua efficienza che non si contenta di meno del meglio.Metafisica e romanzo
Ideale per la narrazione fu la metafisica. Si pensi alle Enneadi. Essa suppone un mondo straripante di senso del cui svolgersi quieto il «narratore» dipanava lentamente le fila. Non conoscenza, nel vile senso del termine, quale poi divenne, ma vera agnizione; riconoscimento drammatico che ciò da cui tutto si diparte, il Principio, è pure ciò da cui prende avvio il racconto. Quando le succede il romanzo, il mondo narrato nella pienezza di un significato primigenio è già crollato. In esso il senso si legava al soddisfacimento di un’attesa. Come tale non si ritrova più. Oggi si lega alla frustrazione. Là dove qualcosa non va, si mostra il senso del mondo. Appare dunque il romanzo, come un che di mutilo, di incompleto. Incomparabilmente inferiore. Un amore infelice o un adulterio al posto del processo degli Eoni. Emma e Charles Bovary al posto di Abisso e Silenzio.Ninnoli
Se il ritorno alla natura improntò il rapporto tra gli uomini a quello tra buoni animali, quello attuale si ispira al rapporto tra cose come dei ninnoli in un salotto spolverati tutti i giorni da solerti cameriere.Fabian. Storia di un moralista
Questo romanzo di Erich Kästner finisce così. Un ragazzino, camminando per giuoco sul parapetto di un ponte, cade in acqua. Fabian, che si trova a passare, si butta per salvarlo. Il piccolo raggiunge la riva per proprio conto. Fabian muore annegato. S’era scordato che non sapeva nuotare. Parecchie linee si dipartono da questa conclusione. Una fra tutte ci convince di più. Moriamo perché ci siamo scordati di qualcosa.Favoletta
Se «cœli enarrant gloriam Dei» è che, come una vecchia nonna, il cielo racconta, appunto, una favola.Il signore della morte
Il timore della morte, che ne fa parte, è la aberrante «scintilla» divina, o addirittura il vero Dio in noi, «per speculum et in ænigmate». Ciò che ci tiene desti quando dormiamo e ci fa cercare il sonno quando siamo desti. L’inferno in cui soffriamo – il fuoco in cui siamo arrostiti quotidie.Tra le stelle
La nozione di causalità, capolavoro del nostro spirito, è ormai uno di quei concetti che devono essere liquidati. La «libertà» lo ha deciso. Il senso per la causalità è dunque tramontato. La stessa scienza non se ne fa più scrupolo. Non è più il senso fondamentale col quale solo si poteva procedere sul terreno dei fatti e della vita. Ma un arnese ormai superato, un vecchio alambicco. Oggi la crisi della causalità, non è nemmeno più tale. Tuttavia, perduto il senso di essa, l’individuo si smarrisce, perde pure il senso del fatto che si vuole opposto. Ma mentre ogni imbecille «si è fatto da sé», chi si sente causato già per questo vive nel cosmo, è già tra le stelle.Può anche capitare
A ribadire l’intellettualismo del filosofo valgano queste parole di Max Scheler: «Chi… vuole sfuggire a questo formale intellettualismo della filosofia, non sa bene cosa voglia. Gli si potrebbe solo dire che ha sbagliato professione».Soddisfazioni
Oh la gioia con cui si assiste allo sbocciare nel fanciullo della tendenza al guadagno, ai piccoli commerci tra compagni, a farsi bene i conti (e ad estorcere all’altro un sovrappiù)! Questi atti costituiscono nell’insieme il battesimo del denaro con cui la civiltà assicura il suo proseguimento. Piccoli atti, ma che trovano nel compiacimento con cui vengono accolti ed esaltati l’eco che li ingigantisce e prepara i grandi.La sostanza del cane
Il «succès du bergsonisme», ovvero di ogni filosofia della mobilità, è piuttosto il successo dello schopenhauerismo, ma rovesciato; dove, cioè, si va a letto col principio del mondo.Per la filosofia del denaro
Il critico della cultura, smaliziato e protervo, che soprattutto intende evitare quella che chiama, in punta di forchetta, l’interpretazione economica della storia che farebbe di essa, egli dice, una monotona conseguenza del denaro, viene sorpreso sul fatto quando si tratta di contrastarne il «potere». Allora egli dice la sua: quando non vi è più niente che comanda, comanda il denaro, dice a esempio Ortega. Ossia, quando vengono meno idee morali, religione, politica e cultura, allora e solo allora si fa avanti il denaro. Che è poi esattamente l’opposto: è quando viene meno il denaro che se ne fanno avanti le vedove.Milonga
Concetti che si sciolgono nelle parole: ciò dà un altro peso al rapporto della filosofia col linguaggio. Si potrebbe dire che vi sono filosofie cantate… Dove un tremolio di note avverte del suono della verità. È come se questo canto sgorgasse dalle cose stesse. Fare culminare la filosofia nella musica è un modo, ancora approssimativo, per dire che essa può essere anche una milonga…