Oltre l’orrore c’è solo il vuoto

La pregnanza del sistema di immagini sull’immaginato costituisce l’aspetto determinante del filmico. In Teatro di guerra si è assistito alla costruzione della visibilità e della udibilità di una polis. Un magnifico rock di sonoro e visivo. Una danza stupefacente di immagini in cui una specie di centrifuga ­la centrifuga era il filmico stesso di questo film ­toglieva “la carne umana” d’attorno tramutandola in immagine, la greve pesantezza in battiti d’ali.
Per un momento abbiamo vissuto di immagini. Delizia della caverna! La scena del boss ucciso a colpi di pistola mentre corre con la faccia al vento su una moto è un fatto di geometria. Una linea superba: le pistole nei film non sparano e ogni film è forse solo un giocattolo. L’orrore è una fattispecie del sublime. Il film di Argento è il vero film metafisico. Le componenti della metafisica vi si danno convegno non come roboanti problemi gestiti a colpi di parole, ma nel giusto regno dell’immaginazione filmica. La minaccia proviene da un punto indefinito, dall’universo stesso, forse. Ma qui ora è solo un fruscio, una porta che si apre in attesa, un rumore che spezza un silenzio prolungato. Un orrore che ci dà diletto, vecchia reminiscenza di Burke. Comunque l’orrore è sempre una faccenda metafisica.
Senza il terrore come avremmo parlato di Dio? Dietro l’orrore non c’è niente come dietro il filmico. O meglio guardare l’orrore o renderlo visibile è come rendere visibile il vetro oltre cui la gente va e viene. Ma qui si guarda solo il vetro. Oltre l’orrore non c’è nessuno.
Nell’orrore il filmico è a casa sua: chi riesce a renderlo visibile e udibile sa che non deve fare apparire nessuno. Il vero orrore è questo, che non c’è nessuno. Togliete a un film di delitti l’assassino e lasciate gli assassinii, ecco l’orrore. Ho detto che i film di Argento sono film metafisici, devo correggermi: sono film teologici.


Manlio Sgalambro, Oltre l’orrore c’è solo il vuoto in “la Repubblica”, 4 agosto 1998 – Collegamento esterno

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