Tutta la poesia del mondo nel testo di una canzone

Teoria della canzone significa non che la canzone venga elevata alla sua dignità dalla teoria, ma che la canzone eleva a dignità la teoria che se ne fa carico. Questa diventa degna ogni volta che si annette un obiectum autentico. Se l’opera lirica fu la musica del XIX secolo, di questo secolo lo è sicuramente la canzone. In essa convergono i reggimenti armati delle musiche d’alto bordo. Come le grandi esperienze musicali di un Beethoven o di un Bach si ruppero le corna contro la musica d’opera, oggi i raffinatissimi Stravinskij o Schönberg o Stockhausen vivono la loro avventura nelle avventure di quella musica che una volta, come si diceva delle donne di facile costume, fu detta leggera.
La batteria è il tuono dominato e reso grazioso scoppiettio. Il fulmine di Giove vi si scarica liberandoci dalla paura. Il rock da stadio adopera le casse come Wagner adoperò le percussioni. Grancasse, tamburi e piatti ­– reliquato della banda militare –­ ricompaiono con stile ed attraverso di esse parlano Wotan o Odino e i Sex Pistols. La batteria appartiene al regnum hominis. Essa rivela che il rumore del cielo è ormai imprigionato.
La lezione impartitaci dalle cose di questo mondo, che oltre le cose di questo mondo c’è solo questo mondo, congela lo slancio dell’amatore di musica tradizionale. Nel quinto movimento della terza sinfonia di Mahler si intona anzitutto la canzoncina infantile che fa “Bimm Bamm” e poi la si abbandona per finire nell’esultanza degli angeli per la liberazione di Pietro dal peccato ed al rimorso di Pietro di fronte a Gesù. Il canto finisce proprio con le parole di Gesù “ama solo Dio… così otterrai la gioia terrestre”. La canzone comincia e finisce con il “Bimm Bamm” e così conquista l’immanenza. La canzone la vince sulla struttura che la porta, prefigurando il tempo che viene e si dà a questo mondo e solo ad esso. Essa si emancipa da quella che considera la sua infanzia, quando ancora aveva bisogno di una struttura sinfonica che la tenesse per mano. La canzone non ha più bisogno di fasce. Essa avanza libera e noncurante, anche se, come il cavaliere del Dürer, attraverso una gola profonda tra il diavolo e la morte. La convinzione di Wagner, che la parola è necessaria alla musica per superarne i limiti, è fatta propria dalla canzone. Nella canzone il suono è umanizzato completamente. Lo stridio della disarmonia originaria viene messo a posto. “In principio era il caos” è uguale in musica a: in principio era la dissonanza. Poi la parola si mescola alla musica e come un miracolo l’intona. L’immagine speculare è quella di Dio che mentre canticchia tra sé e sé crea questo mondo.
Nei testi di canzoni sembra che si sia concentrata tutta la poesia possibile nel nostro tempo, come se essa vi esalasse l’ultimo respiro. D’altra parte il testo di canzone è un corpo sonoro, inscindibile dalla musica che gli è toccata in sorte. Il destino della canzone è altro da quello della poesia ed entrambi sono quindi imparagonabili. Tuttavia, come si forma questo corpo sonoro nel suo versante verbale? Nel suo destino di parola?


Manlio Sgalambro, Tutta la poesia del mondo nel testo di una canzone in “la Repubblica”, 3 luglio 1996 – Collegamento esterno

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